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"La natura, non potendoci dare dei valori assoluti, ha sentito il bisogno di darcene l'illusione, e, di conseguenza, infiniti sono i tormenti che il nostro subatomico ego per delirio di onnipotenza si infligge; è perciò necessario abituarsi a sentirsi parte di quella nebbiolina che segna appena i lontanissimi spazi notturni; allora le cose acquistano la loro verità e il loro valore, l'amore per la vita non diminuisce, solo diventa più ragionevole e mite, e tutto quanto ci fluttua intorno appare infinitamente bello perché infinitamente impalpabile. Il progressivo dissolversi della disperazione e della materia nell'Infinito si configura in queste poesie come un laico itinerarium mentis in deum. The name of the Infinite is Good, is God. (Carlyle)." (Enrico Margaroli)